PERMESSO
PERMESSO
Avvezzo da anni ad accompagnare i cataloghi delle mie mostre con un mio scritto , questa volta ho avuto non poche remore a continuare la “ tradizione “ , poiché ho avuto la sensazione , direi anzi il dubbio , che non avendo un tema specifico , ma tanti assieme dato il carattere monografico della pubblicazione , vi fosse il rischio di una “ autocelebrazione “ . Uso questo tedioso ma impegnativo termine , poiché per volere di molti questo libro “ andava “ fatto in quanto dopo circa trentacinque anni di dipingere e tant’altro era doveroso fare un punto sul mio lavoro e celebrare quindi questi molti lustri “ che Capitani ha dedicato con piacere suo ma anche con appartato sacrificio ,al di là di ogni facile moda alle cose dell’arte “ . A dissipare il dubbio e a farmi ancora impegnare la penna hanno pensato , volenti o nolenti , due autorevoli personaggi da sempre vicini alla “ gens “ quale appartengo : Marco Fagioli e Vanni Ronsisvalle , acuti interpreti degli aspetti artistici di ieri e di oggi , presenti con il loro pensiero in questo libro. In entrambi è chiara la convinzione che nel mio caso di pittore che “ scrive “ non vi sono aspetti autoreferenziali . Non uso l’escamotage di trasformare sottilmente i miei scritti in didascalie esplicative ai miei dipinti . Nessuna stampella di istruzioni per l’uso dunque ( v . nello specifico Vanni Ronsisvalle ) . Così anche stavolta posso lasciarmi andare al “Pensiero dell’Artista “ avendo ben preciso il termine di sobrietà ; nessuna novena di Natale quindi solo perché stavolta il pubblico è più ampio e eterogeneo e il libro più motivato alla conservazione bibliofila . Comunque nel mio caso , uno dei motivi che sempre mi invita a scrivere è perché ho la possibilità di narrare il mio pensiero anche a chi non sa guardare un quadro o semplicemente non sa isolarsi davanti ad esso , come invece gli accade davanti ad un libro . Penso anzi che tra le arti , quella della scriptura sia la più fortunata , almeno nella sua essenza ; va da sé poi che in Italia o altrove si legga poco e non si comprano libri . Si può leggere essendo daltonici , sordi ed anche non vedenti ( v. il braille o chi legge per altri in casi di handicap momentaneo ) . Ma nei casi su descritti nell’ordine non si può ammirare un quadro , non si può ascoltare un concerto . Quando si è molto intelligenti , si può decidere di vivere tutte quelle condizioni . Cosa oggi molto necessaria ad evitare l’eccessivo consumo imposto dai prodotti . Le capacità critiche dell’individuo sono state in ogni epoca i grandi ostacoli al potere della persuasione . Partiamo quindi dal principio che è giunto il momento di essere liberi e come ho già scritto “ io credo che sia veramente giunto il tempo di guardarsi dentro e attorno e riflettere davanti a un volto , un libro , un quadro . In SILENZIO “. E sottolineo un volto . Ricordiamoci che troppe volte diamo per scontato che conosciamo quel volto solo perché da tanti anni ci accompagna quotidianamente . Non accorgendosi invece dei segnali che questo ci dà , ne perdiamo i significati , le trasformazioni , non del tempo ma dello spirito , aspetto questo ben più sostanziale . Accarezziamolo prima con gli occhi , quel volto , cogliendo le ansie o i sottili turbamenti , poi sfioriamolo con le dita . Quelle fattezze che ci è permesso di accarezzare sono la più grande opera d’arte che forse possediamo , in una comunicazione così correlativa tra arte e azione e azione e arte . L’Action – painting , la body art partono dal coinvolgimento del corpo e Pollock tramite il gesto , come estensione della personalità , divenne il più valido pittore americano della sua generazione . Basterebbe ciò per farci sognare sulle ore felici che ci attendono . Il corpo non è tuttavia sempre sufficiente a dipingere le teorie dell’arte , ci vuole anche la parola , magari la PAROLA DIPINTA ! Questo è più difficile . Una bella donna può anche non parlare ! Una meno bella può enunciare teorie . A quale l’auditorio più ampio? Parafrasando il libro di Alberto Bevilacqua “ Attraverso il corpo “ la voce giunge ugualmente . Ma via gioiamo comunque di questo oscuro meccanismo e celebriamo l’irriverenza , l’Edonismo e il Nichilismo . Nella civiltà occidentale il dogmatismo (come principio assoluto ) ha soffocato la gioia . Per anni ho dipinto il MITO perché pensavo e continuo a pensarlo ( anche se non lo dipingo oggi quanto ieri ) che attraverso questo si possa riparlare con la natura , riscoprire l’armonia e la bellezza , annullare la realtà ed entrare in quel giardino solo mio che dipinsi per Lucrezia . Magari oggi vi vola Hermes con i suoi calzari alati o vi passeggia ODINO ma non c’è nessun pericolo : il MITO può anche , come ho già scritto , dialogare con la scienza . Ma ciò non si è capito ! Si può forse pretendere che in un mondo sempre più informatico , codificato , condotto da “ esseri informatici “ possa vivere la poesia? Non si è capito che il mito non è fuggire dalla realtà ma è la possibilità di abolirne il culto di renderla più bella educandoci a farla più armoniosa senza necessariamente farla diventare favola .In fondo il mito o il contatto con questo non si è mai interrotto , ma è stato confinato nell’ambito del superfluo , dello spettacolo , fino al puro divertimento . E se non erro questo era il pensiero di quel grande studioso rumeno che fu Mircea Eliade . Recentemente ho dipinto una serie di quadri dedicati alle fiabe , agli eroi , augurandomi che questi potessero , al di là degli apprezzamenti , essere visti come illimitate possibilità dell’anima , una sorta di invito ad un viaggio sciamanico , un prosieguo di avventura . Non so , se quel ciclo di dipinti , sul quale ho lavorato per mesi, dodici o più ore al giorno, abbia avuto in tal senso , un sia pur minimo esito . Dubito fortemente e questa mia perplessità nei confronti di quanto sia “ ardua l’avventura “si è nel tempo fortemente rafforzata .Una delle figure più belle della letteratura romantica disegnata è Corto Maltese , l’eroe creato dal grande Hugo Pratt che più volte ho inserito nei miei dipinti , celebrandolo unitamente ad altri colleghi pittori , in una mostra tenutasi al caffè storico – letterario “ Le Giubbe Rosse “ di Firenze e poi in una altra rassegna a Mantova . Ebbene di questo eroe s’intravede oggi ( mi sia concessa l’attualità , anche se ciò data il mio scritto ) una “ difficile avventura “ televisiva e cinematografica . Si stenta insomma a trovare in Italia un distributore e la RAI programmandolo in tarda serata ne diviene il cauto test attraverso l’implacabile Auditel . Si tra i personaggi di quelle fiabe (1997) dipinsi anche Corto Maltese e nello scritto in catalogo ebbi a dire “…i romantici come Corto Maltese, certo non moriranno, ma silenziosamente si allontaneranno….”. Non mi sento un nichilista ( e non vi sono contraddizioni ). Ciò che ha tale significato non alberga più di tanto nei miei quadri ( anche se taluni lo credono ) , ma vi assicuro voglio seguire quelle rotte e pensare che la bella figura di Corto si stagli nei rossi orizzonti marini e nei tanti porti e magari incontrarlo “Da Maria " osteria nei carrugi di Genova che a lui piacerebbe tanto .Torniamo ancora sul tema della parola dipinta sul quale prima ho soltanto “ strizzato l’occhio “ . Vi sono nell’ambito delle arti figurative dei processi creativi che l’artista ha a sua disposizione o meglio di cui può avvalersi , come afferma il Gombrich , di fare dell’arte una “ scrittura per analfabeti “. Questi sono definiti tecnicamente modelli “ Pittografici “ che tendono ad indottrinare attraverso l’immagine e quindi ad essere sostitutivi del leggere e dello scrivere . Al soggetto , al verbo e al complemento oggetto , l’artista sostituisce il protagonista , la sua azione e infine l’oggetto o persona cui si rivolge il protagonista stesso . La nostra epoca è piena di tutto ciò , di “ arte “puramente descrittiva di “ scritte murarie “ di citazioni . Ai pittori non sono mancati i sostenitori , caso mai è mancato un mercato “ pseudo intellettuale “ che si potesse raggiungere attraverso un linguaggio da quotidiano del mattino . Chi ha inseguito puramente e soltanto quella pittura , non ha fatto il minimo sforzo , inducendo sottilmente gli altri che strabuzzavano lo sguardo di fronte a quei quadri , a pensare che “ vedere fosse credere “ . Il realismo è stato in fondo questo , una narrazione spesso affascinante ma descrittiva , che sostituiva le parole al segno e al colore . La funzione dell’arte è per me tutt’altra: “ Credere è vedere “ ! Le opere non devono essere prodotte per illustrare il testo della storia di una società , non devono , come anch’io in anni lontani ho pensato , essere lo specchio del tempo nel quale l’artista si muove e agisce. Esiste dal 1846 in Francia il realismo pittorico di Courbet , poi di Zola , esiste prima di questi il realismo di Caravaggio , e dopo tutti questi il realismo socialista di epoca stalinista .Dagli anni del dopoguerra e fino ai settanta si è parlato in Italia di neo - realismo . Nel cinema il film di Vittorio de Sica “ Ladri di biciclette “ affermò questo movimento a livello internazionale . In questo ambito la corrente neorealista finì molto prima che in pittura e già negli anni cinquanta lascia spazio alla “ commedia italiana “ spettacolo più vicino ai bisogni della gente e più in grado di garantire maggiore affluenza alle sale cinematografiche . In arte essendo questa assai meno vistosamente popolare si continuò a parlare per immagini descritte ( v. Renato Guttuso , Ernesto Treccani , Giuseppe Santomaso ), come era stato nei marmi energicamente traforati e scripti del tempo di Augusto quando si celebravano già per effigi ( v.l’Ara Pacis Augustea e poi le colonne di Traiano e Marco Aurelio ) le campagne vittoriose, fino ad appagare poi, in un tardo prosieguo anche il ‘68 , poiché la scena seppe trasformarsi intelligentemente senza nessuno sforzo , in arte delle e per le fabbriche ( v. la bella pittura sanguigna di Fernando Farulli , che poi egli stesso superò attraverso la serie affascinante delle “ Mura di Atlantide “ ). Ritorniamo ora a quel , a mio avviso giusto concetto che “vedere è credere” . L’arte ha ingannato? Le sirene che incontra Ulisse hanno cantato o incantato? Forse entrambe ma non hanno ingannato . Con il loro canto ammaliante proveniente da una qualsiasi direzione hanno indirizzato i marinai verso quella latitudine ; era poi la loro destinazione ? Forse si forse no . Qui nasce e si chiude il conflitto . Arte come imitazione della natura o arte come superamento della stessa con tutto ciò che ne consegue attraverso disorientanti termini e movimenti . L’importante è non restare nel limbo e intraprendere quell’avventura sciamanica per ritrovare l’anima e l’amore .Ed ecco riaffiorare Euridice , Elena , Mater Matuta ma questa volta spengiamo la lampadina per ritrovare la luce . E allora veramente “ vedere è credere “ . L’arte può offrire un contributo altissimo e al di là delle “parole FIGURATE “ e linguaggi “ pre – linguistici “ può associarsi a mondi possibili . Nell’arte molte cose si sono esaurite , forse morte , o dichiarate tali, ma mai potrà esserlo per il sogno , la sfera del senso , e quindi l’onirico , il fantastico , il surreale .Come ho detto all’inizio mi sono apprestato a stendere questo scritto che è manifesto del mio pensiero nei riguardi della funzione dell’arte , supportato dalle giustificazioni di chi all’inizio ho citato lasciando volutamente in sospeso un tema assai importante che è quello della “alleanza” tra critici, galleristi e collezionisti, fautori del mercato dell’arte. Una sfera ristretta che dovrà , specialmente in Italia , fare una seria autoanalisi e guardare in futuro più ai giovani per evitare una lenta eutanasia . Di ciò riparleremo sicuramente . Per adesso è sufficiente la sensazione di “ vissuto “ che queste puntualizzanti righe mi comunicano annullando il senso del “ presente “ che sempre mi hanno suggerito gli scritti con cui ho accompagnato i miei cataloghi . Se dunque ora mi sento un po’ meno giovane , continuo comunque a dire “ largo ai giovani “ e a chiedere , se permettete “ permesso “.
Antibes, Dicembre 2003
di Mauro Capitani